Lo spettacolo sarà sempre di chi lo osserva. La parola uccide. E le parole di Ibsen sono pericolose perché dette in situazioni di rischio di morte, di rottura imminente, durante il salto nell’abisso. Di Ibsen è già stato scritto tutto dopo Lou Andreas Salomè, questa donna libera e liberatoria dedicata a un profondo studio psicoanalitico dei suoi personaggi femminili. Su Ibsen e con Ibsen, in questi ultimi quattro anni dei circa venti insieme, Akroama e CTB hanno fatto un lungo cammino. Casa Rosmer è un inno radicale all’amore e alla libertà senza frontiere, che trascina spirito e carne. Una traiettoria fulminante della Vita contro la morte. Non è un dramma di rottura contro il naturalismo dell’epoca. Non pretende di essere un vernissage museale con tic cosmopoliti e sospiri contenuti di una piccola borghesia fallita. E’ prima un annuncio evidente della tragedia del nostro quotidiano che noi, miopi, rifiutiamo di vedere. Una performance tragicomica allucinante come la vita che viviamo, nella lotta contro il tempo, contro corrente, nel contromano della vita, nella suspense della nostra insicurezza, nella corsa per la farmacia, nell’ingoiare notizie, nella fila per lo psichiatra e la psicoanalisi. Nella società dello spettacolo e del superfluo non ci resta che la maschera nella quale ci nascondiamo per uscir di casa e che a volte, quando ritorniamo, non abbiamo nemmeno la forza di togliere. Abituiamoci! Ibsen e gli altri alla sua altezza, lo hanno percepito prima di noi lasciandoci questo materiale che altro non è che un inno alla Libertà composto da Nietzsche su un poema di Lou Andreas, mentre Klimt dipinge e Freud osserva. La CASA esiste e parla! E se non prestiamo attenzione diventiamo come fotografie antiche macchiate di muffa incrostata alle pareti.
La parola uccide! E per questo il regista dello spettacolo, chiede all’estimato pubblico – perché è pensando a lui (a volte no) che gli artisti lavorano – di venire ad assistere a un poco di vita di queste attrici e attori. Meritano! E ogni spettatore non avrà perso il tempo, che è anche suo.
Rui Madeira