Teatro D’Inverno
presenta
atto unico ispirato all’omonimo testo di Carlo Goldoni adattamento e regia di Giuseppe Ligios
con
Stefania Ambroggi. Antonello Foddis,
Giuseppe Ligios, Daniela Simula, Carlo Valle
Roberto Bilardi, Maria Antonietta Caria
Difficile riassumere in poche righe l’importanza delle opere teatrali dei Carlo Goldoni e la sua figura di autore innovativo. Certo è che suo è il merito di aver portato una svolta nel teatro italiano, da quasi due secoli ancorato ai canovacci imposti dalla Commedia dell’Arte e ai “caratteri” dei suoi personaggi.
La soluzione goldoniana può apparire oggi immediata, ma per niente scontata nel XVIII° secolo, anzi rivoluzionaria. Riflettere nelle sue opere l’immagine del vero, del mondo e dell’evoluzione della società così come egli la percepiva, fatta di cambiamenti sociali ed economici. Con una borghesia emergente, nobili decaduti e ricchi mercanti che, per prestigio, i titoli nobiliari li acquistavano. Appaiono nelle sue commedie non più personaggi stereotipati ma ricchi di quelle virtù, vizi e debolezze espressione dell’animo umano. Goldoni è un uomo nuovo nel panorama teatrale, uno che scrive per “mestiere” e che sa osservare le esigenze dello spettatore-fruitore dei suoi lavori teatrali. Un commediografo in grado di mette in scena una visione critica del mondo, rivelandosi un precursore del dramma borghese ottocentesco. A lui va il merito di riuscire ad esprimere la forza delle passioni umane, la corruzione dei costumi suscitando nello spettatore “quel tal dilettevole solletico” che nasce dall’aver riconosciuto come propri i comportamenti descritti, senza però offendere. Non è un caso che reputasse fondamentale lo studio degli attori che poi avrebbero dato vita ai personaggi delle sue commedie, tenendo conto del loro carattere, natura e inclinazioni, fino a scrivere addirittura delle parti conseguenti a chi poi le avrebbe rappresentate. Un apporto fondamentale nel progetto di portare il “Mondo” nel ” Teatro”‘, e garanzia di successo attraverso l’approvazione di un pubblico che si dimostrava sensibile alla rappresentazione della vita reale. Goldoni fu oggetto di numerose critiche, provenienti in particolare dagli accademici e conservatori del suo tempo. A questi che lo definivano plebeo, volgare, triviale Goldoni risponde che “Coloro che amano tutto all’antica, ed odiano le novità, assolutamente parmi che si potrebbono paragonare a que’ Medici, che non volessero nelle febbri periodiche far uso della china per questa sola ragione, che Ippocrate o Galeno non l’hanno adoperata”.
Mirandolina gestisce una locanda e viene costantemente corteggiata dai suoi clienti. Tra questi Il Marchese di Forlipopoli, aristocratico decaduto, e il Conte di Albafiorita, ricco mercante che ha acquistato un titolo nobiliare.
Il primo per far colpo sulla donna si avvale del suo onore, il secondo dei suoi soldi. L’astuta locandiera non si concede a nessuno dei due uomini, lasciando ad entrambi intatta l’illusione di una possibile conquista.
L’arrivo del Cavaliere di Ripafratta, un aristocratico altezzoso e misogino incallito, sconvolge il fragile equilibrio instauratosi nella locanda. Il Cavaliere, ancorato alle sue nobili origini e lamentandosi del servizio scadente, detta ordini a Mirandolina. Egli cerca inoltre di mettere in ridicolo il Conte ed il Marchese accusandoli di essersi abbassati a corteggiare una popolana.
Mirandolina, ferita nel suo orgoglio femminile e non essendo abituata ad essere trattata come una serva, si ripromette di far innamorare il Cavaliere. Sarà questo il suo modo di impartirgli una lezione.
La protagonista riesce nel suo intento procedendo per gradi ed usando uno dopo l’altro diversi accorgimenti: la strategia di seduzione è ben pianificata e viene rappresentata con una generosa serie di scene comiche; il Cavaliere finisce per cedere, e tutto il sentimento d’odio che provava si tramuta in un amore appassionato che lo tormenta. A renderlo vulnerabile sarà proprio il suo disprezzo per il sesso femminile
Il cameriere Fabrizio assiste impotente al gioco della donna, della quale è innamorato e geloso. Mirandolina intanto riceve in dono dal Cavaliere una boccetta d’oro che però lei getta con disprezzo. Ormai dilaniato da sentimenti contrastanti, il Cavaliere non vuole far sapere di essere oggetto dei raggiri di una donna, ma allo stesso tempo spera di poterla avere per sé. Quando Conte e Marchese lo accusano di essersi innamorato l’orgoglio ferito del Cavaliere esplode in una disputa che rischia di culminare in tragedia. Ma ancora una volta l’abile intervento della stessa locandiera scongiurerà il peggio. Il Cavaliere riconosce che per vincere l’infausto potere seduttivo femminile, non basta disprezzarlo, ma è necessario fuggirlo. La vendetta di Mirandolina è finalmente compiuta! La donna riconosce di avere provocato troppo il malcapitato e quindi, quando quest’ultimo va in escandescenze, decide di risolvere la questione sposando Fabrizio, come le aveva consigliato il padre in punto di morte. La donna non lo ama veramente, ma decide di approfittare del suo aiuto sapendo che il matrimonio non sarà veramente un ostacolo per la sua libertà.
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